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“Mini Open Day” sulla Panificazione, ecco com’è andata

Il 4 dicembre 2019 è stata la data d’inizio de “I Percorsi Formativi di Myda“, ovvero una serie di incontri didattici formativi con ingresso gratuito, previa registrazione e a posti limitati, che trattano argomenti specifici e tematiche moderne nell’ambito della cucina o della pasticceria.

“Dal chicco di grano…

Un piccolo, ma intenso viaggio, introdotto dal dott. Carlo Amato (Tecnologo Alimentare), alla scoperta del grano o frumento: cereale di antica coltura e alla base dell’alimentazione umana. Si è discusso delle differenze tra grano duro e grano tenero e i vari prodotti che si ottengono dalla trasformazione degli sfarinati.

…all’arte della Panificazione”

Si è accennato anche della qualità panificatoria, ovvero, l’attitudine di una farina o semola al processo di panificazione. Tra i principali parametri chimici, reologici ed enzimatici che definiscono la qualità panificatoria ricordiamo: contenuto e qualità delle proteine, quantità e qualità del glutine, forza (W); rapporto tra tenacità ed estensibilità del glutine (P/L alveografico) e assorbimento dell’acqua. Tali informazioni, in passato, erano esclusivo appannaggio di fornai e pasticceri, attraverso le schede tecniche ottenute dai fornitori di fiducia.

Le origini incerte del Pane: Egitto o Mesopotamia?

Non si hanno notizie precise su dove e quando l’uomo abbia cominciato a produrre e consumare pane. È comunque certo che già gli egiziani e i babilonesi fossero capaci di produrre pane lievitato (Pomeranz, 1987) e che la civiltà occidentale si sia co-evoluta assieme a questo alimento. Nel tempo, ed in particolare nell’ultimo secolo, grazie al miglioramento genetico dei frumenti coltivati e all’evoluzione della tecnica molitoria e panificatoria, l’alimento pane è stato oggetto di profondi cambiamenti.

Gli Egizi e la scoperta del lievito…

La  panificazione risale a migliaia di anni fa, l’arte bianca è un’arte antichissima, ma la vera rivoluzione avvenne quando gli Egizi scoprirono la fermentazione, da cui seguì la lievitazione che permise di ottenere un pane più soffice, fragrante e non più “azzimo”. Infine, si è parlato di lievitazione. Con il terminare lievitare si intende “l’aumento di volume per azione dei gas durante la fermentazione dovuta al lievito”. Sono state accennate le differenze tra lievito compresso (lievito di birra), lievito naturale (madre acida) e lievito chimico (scarsamente utilizzato in panificazione). Preparare il lievito madre, partendo da zero, non è difficile, ma è complesso metterlo in pratica: lo chef Mario Casu ha illustrato una metodologia di preparazione, impiegando una mela verde grattugiata e un mix di farine.

Impasti ad alta idratazione: la pizza alla romana.

Dopo l’intervento del Dott. Carlo Amato, si è parlato di pizza. In particolare, della pizza in teglia alla romana, per la quale è previsto un impasto ad alta idratazione (80-85% circa). Questa metodologia, si diffonde negli anni ’80 e ’90, grazie all’iniziativa di alcuni pizzaioli romani, i quali prendendo spunto da preesistenti impasti per pane, incrementarono sensibilmente l’idratazione, mettendo a punto una tecnica di impasto e di gestione specifica per questa tipologia di prodotto.

Giorgio Wanausek, allievo del Corso Base per Pizzaiolo tenuto dal maestro Salvatore Viscuso, ha spiegato la metodologia di preparazione con metodo indiretto, cioè con un pre-fermento, la biga, che ne facilita la lievitazione, conferendo aroma, sapore, fragranza ed una maggiore digeribilità  del prodotto finale.

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